Quando entrerà nell’orbita di Lufthansa Ita Airways esordirà con i numeri peggiori del gruppo. A partire dalla perdita d’esercizio che nel 2022 è stata di 486,2 milioni di euro. I tedeschi — con in prima fila l’amministratore delegato Carsten Spohr — sono convinti di ribaltare in un paio d’anni le sorti della compagnia che nell’ottobre 2021 ha preso il posto di Alitalia. L’analisi del Corriere sulle prestazioni operative dei vettori del colosso europeo — Lufthansa, Swiss, Austrian Airlines, Brussels, Airlines, Eurowings — e di quello tricolore mostra il divario che ha caratterizzato l’anno passato. E dà un’idea dei benefici possibili dopo l’
ingresso di Lufthansa in Ita quando l’Antitrust Ue avrà dato l’ok all’operazione.
I tre punti
Meno ricavi dai passeggeri, più costi, maggiori spese per il carburante. La differenza tra Ita e le compagnie del gruppo Lufthansa — a parità di perimetro, escludendo quindi cargo e manutenzione — è racchiusa in questi tre elementi. E a confermarlo sono i dati ufficiali. Per l’analisi il Corriere ha parametrato i valori sull’«Available seat kilometres» (Ask), un indicatore che si ottiene moltiplicando i posti messi in vendita per la distanza totale in chilometri percorsa dai voli effettuati. Sull’Ask si calcolano il «Rask» (l’indicatore di redditività) e il «Cask» (l’indicatore di costo) sempre per ogni chilometro volato da ciascun sedile.
I ricavi
Nel 2022 per ogni sedile fatto volare Ita ha ricavato 6,8 centesimi di euro a chilometro, meno dei 9 centesimi delle aviolinee del gruppo Lufthansa. Una rete di collegamenti ottimizzata, un sistema di revenue management più avanzato, una migliore profilazione dei clienti, gli accordi internazionali (a partire dalla joint venture transatlantica con United Airlines e Air Canada) e un maggiore peso contrattuale con le agenzie di viaggio consentono ai vettori dell’agglomerato europeo di ricavare un terzo più di Ita.
I costi
Ma Lufthansa fa meglio anche sul lato dei costi. Per far volare ciascuno di quei sedili l’anno passato Ita ha speso 10,5 centesimi di euro, il gruppo europeo 9,25. Nel 2022 il vettore tricolore ha perso 48,2 euro a passeggero trasportato. All’interno del gruppo europeo Swiss ne ha guadagnati 31,4 di euro da cliente, Austrian ha perso pochi centesimi, Lufthansa 8,3 euro, Brussels 11 euro ed Eurowings 11,8 euro. L’aviolinea che è andata peggio del gruppo ha fatto comunque quattro volte meglio di Ita.
Le voci di spesa
Andando più in profondità sul lato dei costi di Ita si nota che dei 10,5 centesimi pagati per sedile (sempre per chilometro) 3,43 sono stati dovuti al consumo di cherosene e al pagamento delle quote europee per le emissioni di anidride carbonica. Le compagnie del gruppo Lufthansa hanno invece sborsato per il carburante 2,95 centesimi: il vettore italiano ha pagato il 16% di più. Anche in questo caso per l’assenza delle sinergie in fase di acquisto — che solo un grande gruppo può garantire — e per le difficoltà ad acquistare in anticipo e a un determinato prezzo una quota di cherosene. Ma anche al netto della bolletta energetica, i costi operativi di Ita (7,1 centesimi) sono stati superiori di quasi il 13% a quelli di Lufthansa (6,3).
Nel Sud Europa
Ita è andata mene bene anche di altri vettori più simili, quelli del Sud Europa, come Tap Air Portugal e Aegean Airlines che hanno individuato le proprie nicchie di mercato: i primi nei collegamenti con il Sud America e l’Africa, i secondi tra isole greche e resto del continente. La compagnia portoghese — che tra poco sarà oggetto di una privatizzazione — ha chiuso il 2022 con un Rask di 7,58 centesimi (contro i 6,8 di Ita) e un Cask di 7,04 (contro i 10,53 di Ita), pagando meno anche il cherosene. Lo stesso per la greca Aegean — che non opera voli intercontinentali — che ha registrato l’anno passato un Rask di 8,3 centesimi e un Cask di 7,4. Sul lato dei costi operativi Tap e Aegean hanno speso il 30-33% in meno di Ita.
Il bilancio (ipotetico)
Come sarebbe potuto essere il bilancio di Ita nel 2022 se fosse stata dentro Lufthansa? Qui si tratta di fare una pura simulazione perché nella realtà le cose sono un po’ più complicate. Se la compagnia italiana fosse andata come Swiss — per esempio — avrebbe chiuso l’anno passato con quasi 202 milioni di euro di profitti. Se avesse registrato le stesse prestazioni di Austrian avrebbe avuto un bilancio in sostanziale pareggio, per chiudere a -56 milioni con i numeri di Lufthansa, a -157 milioni con quelli di Eurowings e a -168,8 milioni con quelli di Brussels. Anche nello scenario peggiore avrebbe potuto puntare a un bilancio con un rosso un terzo di quello reale.
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