Mattina presto, esco sul balconcino della stanza a guardare il desolante panorama che propone il convento: Freetown è una città che si sviluppa su colli e colline, il che permette di vedere "dall'alto" quello che non sempre vedi dal basso. A sinistra la vista è questa
l'impercettibile puntino giallo che vedete sotto la palma è la biancheria di un bambino che si è appena lavato nella baracca immediatamente dietro
Sulla destra, invece, quest'altro panorama
Sotto di noi c'è una scuola elementare (a giudicare dall'età degli allievi) e, nello specifico, esattamente sotto il nostro balcone c'è il cesso di suddetta scuola, presidiato da un'attenta fanciulla che, rotolo di carta igienica alla mano, lo dispensa ai ragazzini che, disciplinatamente ma con una continua coda, si recano ad espletare le normali funzioni fisiologiche. Il tutto, sommato a decine di altri servizi più o meno igienici, scarica nel
fiume rigagnolo d'acqua che passa lì vicino
Si fanno due passi per andare a cambiare quattrini e girare il mercato. Dopo avere visto la fauna delle immagini precedenti, veniamo assaliti dal dubbio se mangiare pesce o carne
Alla fine, non so perchè, sorvoleremo sul pranzo e, depositati i bagagli nell'albergo (che non sarà lo stesso di stasera), cerchiamo qualcuno che sappia dove è la nostra mèta della giornata. Impiegheremo ore a trovare l'autista giusto e, dopo decine di richieste di informazioni, individueremo finalmente uno che asserisce di sapere dove si trovi la nostra destinazione, e che ci porterà qua
a trovare gli antenati. Non sto a tediarvi con l'intero reportage delle foto e degli alberi genealogici di ogni singolo esemplare, mi limito a dirvi che lo spettacolo è decisamente affascinante ed interessante, l'impegno e la cura di scienziati, biologi e personale che gestisce il centro certamente encomiabile, che l'intera struttura è gestita brillantemente... insomma, dopo mezz'ora i gioielli di famiglia sono belli che sfrantumati
Torniamo da Lovetta's a pranzare, dimentichi dell'origine del caciucco che ci viene servito
Il fido autista ci porta alla nuova dimora, che individueremo dopo solo 2 ore e mezza di centrifughe in zona
Davanti, abbiamo il centro polifunzionale
Non siamo distanti dalla spiaggia e dalla zona più "prestigiosa" della città. Andiamo a fare una passeggiata, vorremmo berci una birra e poi cenare da qualche parte, nei limiti del possibile nemmeno ci dispiacerebbe mangiare anche qualcosa di vagamente più commestibile
Da Gigibontà, però ci torneremo l'indomani, per il sacro rito dell'"ultima cena"
Il sole tramonta sull'oceano (nel quale Sokol dice che farebbe volentieri un tuffo, incurante del relitto della nave a poche centinaia di metri e della presenza in rada di decine di mercantili vari)
Siamo in un baracchino sul mare, che però serve cibo di ogni dove, spaziando dalla cucina asiatica a quella cinese, dal giapponese al filippino, dal libanese all'italiano al tex-mex. Le immagini precedenti sono state fatte dalla finestra sul mare del nostro romantico tavolo.
Ultimo giorno pieno a Freetown. Sokol vuole andare a tutti i costi a visitare un museo, che, come sempre, nessuno sa dove sia. Si propone un tuktukkista che garantisce di sapere dove andare, ma che, alla fine, abbandoneremo dopo che, chiedendo a destra e a manca dove fosse il posto, ci farà fare per 3 volte lo stesso giro senza venirne a capo. Peccato, il mezzo, per la prima ed unica volta in tutto il giro, era nuovo di pacca
Abbandonato
l'incapace il bravo tassista, proseguiamo a piedi, chiedendo qua e là dove sia il museo NAZIONALE che nessuno dice di conoscere. Nonostante i lancinanti dolori alla schiena ed il raffreddore che sta arrivando al suo apice, decido di non avvalermi delle cure dello specialista
e, finalmente, dopo avere girata l'intera area industriale di Freetown, e respirato interi serbatoi di carburante bruciato dai camion, giungiamo all'agognato museo
all'ingresso del quale, 3/4
loschi figuri che si riveleranno essere dei lestofanti che si qualificano come guardiani/bigliettai/responsabili dell'accoglienza ci faranno pagare l'obolo per l'ingresso (senza rilasciare alcun pezzo di carta che attesti l'avvenuto acquisto del biglietto) e ci faranno girare liberamente all'interno. All'uscita, li vedremo
spartirsi il bottino dividersi i soldi dei "biglietti"...
Vabbè, il museo contiene vetture (meglio dire ricostruzione delle vetture) e motrici varie in dotazione ed utilizzate durante il colonialismo inglese (il vagone bianco era quello della Regina Elisabetta). Per carità, posso mostrarvi un numero imprecisato di mezzi, ma credo che, enrico a parte, anche a voi, come al sottoscritto, non interessino più del minimo sindacale.
Rientriamo in albergo e ci affidiamo alla sapiente conoscenza della città di Suleiman, che coopteremo l'indomani per portare me all'imbarcadero per l'aeroporto e Sokol non saprei dove. Ci fermiamo al supermarket a prendere acqua, e subito ci viene voglia di... ah, no, non è Campari...
S'è fatta l'ora dell'aperitivo: andiamo al nostro bar di fiducia (ci eravamo stati anche il giorno prima), a bere una birra prima di andare a cena
poi ci facciamo il lungomare, alla ricerca del posto migliore per la cena
Sokol vuole a tutti i costi la foto davanti alla scritta I
Sierra Leone
Non ditegli che c'è scritto Salone, per cortesia... Mi limito a fargli notare che è controluce, e che si dovrebbe passare al mattino: non mi fosse mai venuto in mente di farlo...
Dopo avere osservato attentamente tutti i "ristoranti", alla fine decidiamo che, forse, quello più figo (tanto, come sempre, l'ultima cena è a carico mio. "E le altre?", mi chiederete: le altre senza che l'offerta parta da me), è Gigibontà, indubbiamente il più elegante ed organizzato di tutti, con tavolini su ampio prato e all'interno, e clientela fatta da expats di ogni nazione
Il titolare lo ha dedicato al figlio (Gigi) deceduto in un incidente, e di locali ne ha diversi. Questo è sotto una nuova gestione, seguita da Federico che, in ambito ristorativo, ha gestito ristoranti un po' ovunque. E' qui da un mesetto circa
Il forno è Pavesi, non esattamente una seconda scelta (anzi!) e la pizza (che ci scofaneremo come antipasto) eccezionale. Per chi mi conosce, la parte con le cipolle era quella di Sokol...
Alla fine, le bottiglie di vino saranno due, finiremo la cena ad amari e, barcollando per la strada, faremo ritorno in albergo.
E' arrivata l'ora del rientro per me, dispiaciuto di non seguire Sokol nella sua tappa in Liberia (e chiedetegli di scriverlo, almeno un pezzo di TR: non posso fare sempre tutto io!). Passa davanti all'albergo Suleiman, che si ferma a salutarci e conferma che sarà puntuale alle 15 a prenderci per l'aeroporto: se vi serve un autista fidato a Freetown, ho il suo numero di telefono!
Abbiamo la mattinata libera, e possiamo tornare al prestigioso bar per l'ultima birra e riprendere l'ospite sul tronco dell'albero all'ombra del quale la beviamo
Torniamo a rifare la foto del giorno prima, questa volta con la luce a favore. Ancora è convinto che sia scritto Sierra Leone...
Andiamo all'imbarcadero per l'aeroporto (che è raggiungibile con un catamarano a motore, trovandosi dall'altra parte dell'oceano rispetto alla città)
Si sbarca al terminal, dove una serie di pulmini ci condurranno a destinazione
Passerò 3 lunghe ore all'esterno, perchè il check in deve ancora aprire poi, una volta avuta la carta di imbarco, dovrò andare a pagare la tassa di uscita (introdotta meno di un mese prima) e, ricevuta alla mano, potrò passare i radiogeni. Prima del mio volo, imbarca AF, pieno all'inverosimile: in coda, ho perso il conto dei passaporti con copertina nera che ho visto.
Dentro la situazione è questa
Il
viaggio della speranza volo di rientro è con Air Senegal (e poi AF), sulla tratta Freetown/Banjul/Dakar/Parigi. Primi due step su A319, poi A339 nuovo. Il 319 è piuttosto vecchiotto, ma con C dedicata
La pulizia, però, è latitante
I due voli sono molto brevi, ma sul primo (un'ora di durata) è prevista la "cena", pure discreta e commestibile
Si caricano i Gambiani, il volo si riempie a tappo, e si riparte per i successivi 30 minuti di volo
A Dakar ne approfitto per cercare di sopportare il fortissimo raffreddore e tentare di combattere la tosse prendendo un the bollente prima dell'imbarco. A339 NEO di un anno circa di vita, primo (ed unico, al momento) volo per me sulla macchina.
Business class
Premium Economy
La barbon class
L'intera offerta dell'intrattenimento, e sottolineo intera!
La cena, anche questa tutto sommato edibile
Il volo è breve (5 ore), quindi la colazione arriva dopo nemmeno 3 ore dal termine della cena
Prego, è stato un piacere
A CDG, complice il cambio di terminal, ne approfitto per prendere finalmente un caffè che possa in qualche modo definirsi tale, e poi vado ad imbarcarmi sull'A220-300 (anche qui, primo volo sulla macchina)
per tornare al grigio panorama di tutti i giorni. Forse l'Africa non è così male...
Il viaggio è stato intenso, ma bellissimo. Contrariamente alla preoccupazione del compare, nulla è stato più piacevole e affascinante dei viaggi sui collettivi, fianco a fianco con i passeggeri "abituali" di quei mezzi. I panorami sono bellissimi, e le riflessioni sulle esperienze che vivi e su quel che vedi moltissime, dalle colazioni improbabili con le formiche che condividono le zollette di zucchero, ai manifesti, in Sierra Leone (dove tutti sconsigliano di mettere lontanamente piede, ma che si è rivelato essere un paese estremamente ospitale), per contrastare la pratica infame dell'infibulazione, che ancora oggi martoria ampie zone del paese, alla mancanza, quasi ovunque, di persone anziane (l'aspettativa di vita, in tutti i 3 paesi visitati, non arriva ai 60 anni!). Ma ne riparleremo, perchè il TR parla di 2 Afriche, e nonostante abbiate già letto il rientro, il TR...
... continua ...