AirFleet
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- 16 Giugno 2009
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Ryanair, il dominio tra aerei pieni e rotte in monopolio: l’Italia ha un problema di concorrenza?
Quando Carsten Spohr, amministratore delegato del gruppo Lufthansa, ha detto agli analisti che l’investimento in Ita Airways è anche un modo per «liberare gli italiani dal dominio di un famoso vettore low cost», cioè Ryanair, il patron del vettore irlandese ha risposto con un sorriso ironico. E anche qualche battuta. Ma dietro le quinte molti protagonisti del trasporto aereo — sia tra i gestori aeroportuali, sia tra le aviolinee rivali — hanno gradito le parole del manager tedesco. Vedendole quasi come una prima mossa per contrastare l’onnipresenza degli aerei con l’arpa gialla disegnata sulla coda dei Boeing.
La quota di mercato
Nel 2023 Ryanair ha trasportato il 52% dei passeggeri sui voli «domestici», cioè quelli interni all’Italia, secondo le stime del Corriere. Guadagnando tre punti rispetto all’anno precedente e oltre 17 sul 2019, l’ultimo anno «normale» prima dello scoppio della pandemia. L’offerta di sedili — sempre sul segmento nazionale — è sopra il 46% anche nel 2024, secondo i dati forniti dalla piattaforma specializzata Cirium. Più di quanto mettono in vendita (assieme) le inseguitrici Ita Airways, easyJet e Aeroitalia. Se si allarga lo sguardo ai voli tra l’Italia e il resto dell’Europa la quota di Ryanair si attesta sul 37% dei posti offerti. Ma qui la low cost deve vedersela con la concorrenza di una settantina di altri vettori.
Negli scali
A livello aeroportuale la presenza di Ryanair diventa ancora più chiara. Nei 31 scali in cui opera quest’anno, la low cost — considerando tutti i tipi di collegamenti — ha il 100% a Forlì e Trapani, il 90% a Roma Ciampino e Pescara, quasi l’80% a Bergamo, terza struttura del Paese per passeggeri transitati. In fondo alla classifica c’è il 9% di Olbia-Costa Smeralda, impianto che ha a lungo evitato, salvo poi decidere di volare da questi giorni. In 21 aeroporti Ryanair vende oltre la metà dei sedili, in 11 detiene più del 70%. Considerando che il tasso di riempimento medio degli aerei del vettore irlandese è il più alto di tutti questo in termini di passeggeri si trasforma in una quota ulteriormente maggiore.
Le rotte domestiche
Se ci si concentra soltanto sui voli domestici — e sempre per quest’anno — ci sono 7 scali dove tutte le frequenze (o quasi) sono in mano a Ryanair, Bergamo vede quasi il 90% di quota della low cost, Bologna oltre il 75%, Venezia quasi il 70%, Palermo poco meno del 60% e Catania il 50%. Ryanair non vola — date le limitazioni tecniche della pista e la mancanza di slot — a Firenze e Linate. Negli altri impianti non trova, al momento, interessante volarci. Ma Salerno è nel mirino.
Il confronto in Europa
Come vanno i voli domestici in altri Paesi europei? Secondo i dati raccolti dal Corriere se Ryanair ha il 52% in Italia, la quota della low cost scende al 17% in Spagna, finisce sotto il 5% nel Regno Unito, si aggira attorno al 4% in Francia, si attesta sul 3% in Grecia e registra 0% — proprio così — in Germania dove il vettore irlandese l’anno scorso non offriva collegamenti interni (e nemmeno quest’anno).
I ricavi
Secondo le stime, i ricavi di Ryanair nel mercato italiano si attestano attorno a 2,8 miliardi di euro nel 2023 e un utile, sempre nel nostro Paese, di oltre 300 milioni di euro. Per avere un’idea: negli stessi dodici mesi di riferimento i ricavi di Ita Airways nei voli di breve e medio raggio sono stati 1,2 miliardi di euro, cioè meno della metà, avendo trasportato circa un terzo dei passeggeri in meno di Ryanair (sempre a parità di perimetro). «L’unione tra Ita e Lufthansa servirà a portare maggiore concorrenza in Italia, non a ridurla», ha spiegato Spohr agli analisti alcuni giorni fa.
Le perplessità
«Il mercato dei voli interni al nostro Paese non gira, c’è un serio problema di mobilità», spiegano al Corriere due esperti italiani in materia di Antitrust. «Ci sono molte rotte dove vola soltanto Ryanair, grazie anche ai tanti incentivi di marketing», proseguono. «La low cost è così potente che ha potere di aprire e chiudere gli aeroporti come vuole». Ita, secondo gli esperti, «non è in grado di fare concorrenza in nessun modo avendo un altro modello di business, quello hub-and-spoke che punta a portare i flussi verso Fiumicino, e ha il punto a punto solo su Linate».
Poca scelta
«Oggi chi vuole andare da una città all’altra dell’Italia deve passare quasi sempre da Ryanair», sottolineano ancora gli esperti. «Per questo gli estremi del Paese sono uniti solo da quella low cost che aumenta la quota di mercato anche attraverso gli incentivi statali/privati che superano i 200 milioni di euro all’anno. Qui c’è un evidente problema di concorrenza», dicono. Non solo. Secondo loro «ci sono bandi di gara territoriali fatti su misura per Ryanair». Il tutto — precisano — «svolto in modo lecito e compatibile con il regolamento europeo».
Aeroporti in difficoltà
Queste settimane il Corriere ha parlato con una ventina di persone che lavorano — a vario titolo — negli aeroporti italiani. Tutte concordano su alcuni punti. «EasyJet si è fermata, Wizz Air ha tagliato (anche per i problemi ai motori di nuova generazione), Volotea ormai si concentra sulla Francia, Vueling è sparita — spiegano —. Tolta Ita resta Aeroitalia che però non è un’alternativa al dominio di Ryanair». «Siamo in una situazione delicata e compromessa — ammette più d’uno —: non possiamo fare proprio nulla, chi si oppone a Ryanair finisce per farsi male perché loro vanno nell’aeroporto più vicino e spostano gli aerei».
La replica del ceo
Michael O’Leary, ceo del gruppo Ryanair, respinge gli addebiti. «Non siamo dominanti», dice al Corriere durante una delle chiacchierate che hanno avuto luogo tra marzo e aprile. «La verità è che siamo gli unici a crescere in Italia». Il boss della low cost non teme eventuali iniziative rivali in materia di antitrust. «Si chiama competizione! — ribatte — Noi abbiamo le tariffe più basse e aggiungiamo aerei. Wizz ha prezzi più alti e sta togliendo l’offerta dal vostro Paese, lo stesso avviene per easyJet. Se qualcuno vuole competere con noi lo faccia, alla fine c’è sempre qualcuno che vince».
Gli investimenti
«La nostra risposta a chi ci accusa di essere diventati dominanti in Italia?», si chiede O’Leary. «Se fosse davvero così non continueremmo ad aumentare l’offerta, ma al contrario la diminuiremmo alzando le tariffe. Invece incrementiamo le basi dove parcheggiamo altri nostri aerei. Vogliamo ancora crescere e lo faremo». Non solo. Sulle quote di mercato nel segmento domestico il ceo ha qualche obiezione. «Nel calcolo bisognerebbe tenere conto anche del trasporto ferroviario: la maggior parte delle persone in Italia viaggia in treno».
Le regole
Un’impresa «detiene una posizione dominante quando può comportarsi in modo significativamente indipendente dai concorrenti, dai fornitori e dai consumatori. Ciò avviene, in genere, quando detiene quote elevate in un determinato mercato», ricorda l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato. «Il fatto che un’impresa raggiunga grandi dimensioni non distorce di per sé il mercato». La legge «non vieta quindi la posizione dominante in quanto tale, ma il suo abuso che si concretizza quando l’impresa sfrutta il proprio potere a danno dei consumatori ovvero impedisce ai concorrenti di operare sul mercato, causando, conseguentemente, un danno ai consumatori».
Le tariffe
Proprio su questo punto i rivali e i detrattori di Ryanair non avrebbero vita facile nel dimostrare il danno ai passeggeri. La low cost continua ad essere il vettore meno caro sui voli all’interno del nostro Paese. A fronte di una tariffa media di poco meno di 100 euro con Ita Airways — secondo l’analisi del Corriere sui dati forniti dalle piattaforme specializzate e relativi al 2023 —, 86 euro di easyJet, 59 euro di Wizz Air e 54 euro di Volotea, con la low cost irlandese la spesa media è stata di circa 52 euro, a tratta, tasse ed extra inclusi.
L’autorità di controllo
«Il prossimo Parlamento europeo dovrà occuparsi seriamente delle regole sulla liberalizzazione e la privatizzazione del trasporto aereo», commenta al telefono Pierluigi Di Palma, presidente dell’Ente nazionale per l’aviazione civile che si è ritrovato a «litigare» di recente con O’Leary. Di Palma ribadisce che in Italia c’è una situazione di quasi oligopolio (cosa respinta dal ceo di Ryanair) e aggiunge: «Va fatta una riflessione sugli aeroporti italiani: c’è un problema di connettività e anche di redditività. Gli scali spagnoli realizzano 17-18 miliardi di euro all’anno, i nostri 8 miliardi».
@corriere/economia
Quando Carsten Spohr, amministratore delegato del gruppo Lufthansa, ha detto agli analisti che l’investimento in Ita Airways è anche un modo per «liberare gli italiani dal dominio di un famoso vettore low cost», cioè Ryanair, il patron del vettore irlandese ha risposto con un sorriso ironico. E anche qualche battuta. Ma dietro le quinte molti protagonisti del trasporto aereo — sia tra i gestori aeroportuali, sia tra le aviolinee rivali — hanno gradito le parole del manager tedesco. Vedendole quasi come una prima mossa per contrastare l’onnipresenza degli aerei con l’arpa gialla disegnata sulla coda dei Boeing.
La quota di mercato
Nel 2023 Ryanair ha trasportato il 52% dei passeggeri sui voli «domestici», cioè quelli interni all’Italia, secondo le stime del Corriere. Guadagnando tre punti rispetto all’anno precedente e oltre 17 sul 2019, l’ultimo anno «normale» prima dello scoppio della pandemia. L’offerta di sedili — sempre sul segmento nazionale — è sopra il 46% anche nel 2024, secondo i dati forniti dalla piattaforma specializzata Cirium. Più di quanto mettono in vendita (assieme) le inseguitrici Ita Airways, easyJet e Aeroitalia. Se si allarga lo sguardo ai voli tra l’Italia e il resto dell’Europa la quota di Ryanair si attesta sul 37% dei posti offerti. Ma qui la low cost deve vedersela con la concorrenza di una settantina di altri vettori.
Negli scali
A livello aeroportuale la presenza di Ryanair diventa ancora più chiara. Nei 31 scali in cui opera quest’anno, la low cost — considerando tutti i tipi di collegamenti — ha il 100% a Forlì e Trapani, il 90% a Roma Ciampino e Pescara, quasi l’80% a Bergamo, terza struttura del Paese per passeggeri transitati. In fondo alla classifica c’è il 9% di Olbia-Costa Smeralda, impianto che ha a lungo evitato, salvo poi decidere di volare da questi giorni. In 21 aeroporti Ryanair vende oltre la metà dei sedili, in 11 detiene più del 70%. Considerando che il tasso di riempimento medio degli aerei del vettore irlandese è il più alto di tutti questo in termini di passeggeri si trasforma in una quota ulteriormente maggiore.
Le rotte domestiche
Se ci si concentra soltanto sui voli domestici — e sempre per quest’anno — ci sono 7 scali dove tutte le frequenze (o quasi) sono in mano a Ryanair, Bergamo vede quasi il 90% di quota della low cost, Bologna oltre il 75%, Venezia quasi il 70%, Palermo poco meno del 60% e Catania il 50%. Ryanair non vola — date le limitazioni tecniche della pista e la mancanza di slot — a Firenze e Linate. Negli altri impianti non trova, al momento, interessante volarci. Ma Salerno è nel mirino.
Il confronto in Europa
Come vanno i voli domestici in altri Paesi europei? Secondo i dati raccolti dal Corriere se Ryanair ha il 52% in Italia, la quota della low cost scende al 17% in Spagna, finisce sotto il 5% nel Regno Unito, si aggira attorno al 4% in Francia, si attesta sul 3% in Grecia e registra 0% — proprio così — in Germania dove il vettore irlandese l’anno scorso non offriva collegamenti interni (e nemmeno quest’anno).
I ricavi
Secondo le stime, i ricavi di Ryanair nel mercato italiano si attestano attorno a 2,8 miliardi di euro nel 2023 e un utile, sempre nel nostro Paese, di oltre 300 milioni di euro. Per avere un’idea: negli stessi dodici mesi di riferimento i ricavi di Ita Airways nei voli di breve e medio raggio sono stati 1,2 miliardi di euro, cioè meno della metà, avendo trasportato circa un terzo dei passeggeri in meno di Ryanair (sempre a parità di perimetro). «L’unione tra Ita e Lufthansa servirà a portare maggiore concorrenza in Italia, non a ridurla», ha spiegato Spohr agli analisti alcuni giorni fa.
Le perplessità
«Il mercato dei voli interni al nostro Paese non gira, c’è un serio problema di mobilità», spiegano al Corriere due esperti italiani in materia di Antitrust. «Ci sono molte rotte dove vola soltanto Ryanair, grazie anche ai tanti incentivi di marketing», proseguono. «La low cost è così potente che ha potere di aprire e chiudere gli aeroporti come vuole». Ita, secondo gli esperti, «non è in grado di fare concorrenza in nessun modo avendo un altro modello di business, quello hub-and-spoke che punta a portare i flussi verso Fiumicino, e ha il punto a punto solo su Linate».
Poca scelta
«Oggi chi vuole andare da una città all’altra dell’Italia deve passare quasi sempre da Ryanair», sottolineano ancora gli esperti. «Per questo gli estremi del Paese sono uniti solo da quella low cost che aumenta la quota di mercato anche attraverso gli incentivi statali/privati che superano i 200 milioni di euro all’anno. Qui c’è un evidente problema di concorrenza», dicono. Non solo. Secondo loro «ci sono bandi di gara territoriali fatti su misura per Ryanair». Il tutto — precisano — «svolto in modo lecito e compatibile con il regolamento europeo».
Aeroporti in difficoltà
Queste settimane il Corriere ha parlato con una ventina di persone che lavorano — a vario titolo — negli aeroporti italiani. Tutte concordano su alcuni punti. «EasyJet si è fermata, Wizz Air ha tagliato (anche per i problemi ai motori di nuova generazione), Volotea ormai si concentra sulla Francia, Vueling è sparita — spiegano —. Tolta Ita resta Aeroitalia che però non è un’alternativa al dominio di Ryanair». «Siamo in una situazione delicata e compromessa — ammette più d’uno —: non possiamo fare proprio nulla, chi si oppone a Ryanair finisce per farsi male perché loro vanno nell’aeroporto più vicino e spostano gli aerei».
La replica del ceo
Michael O’Leary, ceo del gruppo Ryanair, respinge gli addebiti. «Non siamo dominanti», dice al Corriere durante una delle chiacchierate che hanno avuto luogo tra marzo e aprile. «La verità è che siamo gli unici a crescere in Italia». Il boss della low cost non teme eventuali iniziative rivali in materia di antitrust. «Si chiama competizione! — ribatte — Noi abbiamo le tariffe più basse e aggiungiamo aerei. Wizz ha prezzi più alti e sta togliendo l’offerta dal vostro Paese, lo stesso avviene per easyJet. Se qualcuno vuole competere con noi lo faccia, alla fine c’è sempre qualcuno che vince».
Gli investimenti
«La nostra risposta a chi ci accusa di essere diventati dominanti in Italia?», si chiede O’Leary. «Se fosse davvero così non continueremmo ad aumentare l’offerta, ma al contrario la diminuiremmo alzando le tariffe. Invece incrementiamo le basi dove parcheggiamo altri nostri aerei. Vogliamo ancora crescere e lo faremo». Non solo. Sulle quote di mercato nel segmento domestico il ceo ha qualche obiezione. «Nel calcolo bisognerebbe tenere conto anche del trasporto ferroviario: la maggior parte delle persone in Italia viaggia in treno».
Le regole
Un’impresa «detiene una posizione dominante quando può comportarsi in modo significativamente indipendente dai concorrenti, dai fornitori e dai consumatori. Ciò avviene, in genere, quando detiene quote elevate in un determinato mercato», ricorda l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato. «Il fatto che un’impresa raggiunga grandi dimensioni non distorce di per sé il mercato». La legge «non vieta quindi la posizione dominante in quanto tale, ma il suo abuso che si concretizza quando l’impresa sfrutta il proprio potere a danno dei consumatori ovvero impedisce ai concorrenti di operare sul mercato, causando, conseguentemente, un danno ai consumatori».
Le tariffe
Proprio su questo punto i rivali e i detrattori di Ryanair non avrebbero vita facile nel dimostrare il danno ai passeggeri. La low cost continua ad essere il vettore meno caro sui voli all’interno del nostro Paese. A fronte di una tariffa media di poco meno di 100 euro con Ita Airways — secondo l’analisi del Corriere sui dati forniti dalle piattaforme specializzate e relativi al 2023 —, 86 euro di easyJet, 59 euro di Wizz Air e 54 euro di Volotea, con la low cost irlandese la spesa media è stata di circa 52 euro, a tratta, tasse ed extra inclusi.
L’autorità di controllo
«Il prossimo Parlamento europeo dovrà occuparsi seriamente delle regole sulla liberalizzazione e la privatizzazione del trasporto aereo», commenta al telefono Pierluigi Di Palma, presidente dell’Ente nazionale per l’aviazione civile che si è ritrovato a «litigare» di recente con O’Leary. Di Palma ribadisce che in Italia c’è una situazione di quasi oligopolio (cosa respinta dal ceo di Ryanair) e aggiunge: «Va fatta una riflessione sugli aeroporti italiani: c’è un problema di connettività e anche di redditività. Gli scali spagnoli realizzano 17-18 miliardi di euro all’anno, i nostri 8 miliardi».
@corriere/economia
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