Ma davvero si vuole dare la colpa ad un operaio con un chiodo? Leggevo che per riportare l’elettricità con i gruppi elettrogeni e riavviare il sistema sono servite due ore
Spiegazione chiara ed esaustiva. Mi chiedo come sia possibile che non ci sia un duplicato di un componente così mission critical. Come giustamente fai notare, un incendio che distrugga il calcolatore avrebbe causato un blocco molto più lungoNon è stato solo un chiodo a bloccare i treni in mezza Italia - Il Post
Il sistema che dovrebbe garantire l’elettricità in caso di guasti non ha funzionato, spegnendo la sala di comando della stazione di Terminiwww.ilpost.it
Salta l'alimentazione. Parte l'UPS, ma non gli allarmi né il gruppo elettrogeno e neanche si attiva la linea di riserva. Quando le batterie dell'UPS si esauriscono il calcolatore (oggi quello che gestisce scambi segnali circuiti di binario blocco elettrico con le stazioni limitrofe più tabelloni annunci è un elaboratore, non più una logica elettromeccanica cablata a relé) si spegne. A quel punto ci si rende conto che c'è qualcosa che non va e arrivano i nostri: si tratta di far ripartire tutto da uno stato cold and dark: va riavviato il sistema, testati tutti i singoli enti collegati e ricostruito lo stato (binario libero/occupato, segnali accesi al rosso, posizione normale o rovescio degli scambi), test degli itinerari ed istradamenti, identificazione materiali presenti sui binari sincronizzazione del programma di esercizio eccetra. Finalmente si può ripartire.
Resta da capire perché nessuno si è accorto di nulla -anche se Termini di notte chiude, qualcuno al banco ACC ci deve essere- e perché 1) non ci sono stati allarmi 2) non è partito il gruppo elettrogeno 3) non si è attivata la linea di alimentazione di riserva. Insomma, legge di Murphy in azione all'ennesima potenza, mancava solo un incendio che distruggesse il calcolatore. Penso ci sarà una inchiesta di DIGIFEMA: nessun treno furi dai binari, ma l'inconveniente di esercizio c'è stato, eccome! Stima dei danni, secondo La Stampa: da 20 a 40 mln €.
A causa di un chiodo, si perse un ferro.
A causa del ferro, si perse un cavallo.
A causa del cavallo, si perse un cavaliere.
A causa del cavaliere, si perse una battaglia.
Persa la battaglia, è persa la guerra.
Persa la guerra, è perso il mondo.
E tutto per colpa di un chiodo.
(Benjamin Franklin)
Queste, piú che nome cognome codice fiscale di chi ha messo il chiodo, sarebbero le domande che un ministro dei trasporti non dico competente, ma almeno all’altezza del ruolo dovrebbe fare.Non è stato solo un chiodo a bloccare i treni in mezza Italia - Il Post
Il sistema che dovrebbe garantire l’elettricità in caso di guasti non ha funzionato, spegnendo la sala di comando della stazione di Terminiwww.ilpost.it
Salta l'alimentazione. Parte l'UPS, ma non gli allarmi né il gruppo elettrogeno e neanche si attiva la linea di riserva. Quando le batterie dell'UPS si esauriscono il calcolatore (oggi quello che gestisce scambi segnali circuiti di binario blocco elettrico con le stazioni limitrofe più tabelloni annunci è un elaboratore, non più una logica elettromeccanica cablata a relé) si spegne. A quel punto ci si rende conto che c'è qualcosa che non va e arrivano i nostri: si tratta di far ripartire tutto da uno stato cold and dark: va riavviato il sistema, testati tutti i singoli enti collegati e ricostruito lo stato (binario libero/occupato, segnali accesi al rosso, posizione normale o rovescio degli scambi), test degli itinerari ed istradamenti, identificazione materiali presenti sui binari sincronizzazione del programma di esercizio eccetra. Finalmente si può ripartire.
Resta da capire perché nessuno si è accorto di nulla -anche se Termini di notte chiude, qualcuno al banco ACC ci deve essere- e perché 1) non ci sono stati allarmi 2) non è partito il gruppo elettrogeno 3) non si è attivata la linea di alimentazione di riserva. Insomma, legge di Murphy in azione all'ennesima potenza, mancava solo un incendio che distruggesse il calcolatore. Penso ci sarà una inchiesta di DIGIFEMA: nessun treno furi dai binari, ma l'inconveniente di esercizio c'è stato, eccome! Stima dei danni, secondo La Stampa: da 20 a 40 mln €.
A causa di un chiodo, si perse un ferro.
A causa del ferro, si perse un cavallo.
A causa del cavallo, si perse un cavaliere.
A causa del cavaliere, si perse una battaglia.
Persa la battaglia, è persa la guerra.
Persa la guerra, è perso il mondo.
E tutto per colpa di un chiodo.
(Benjamin Franklin)
Faccio i miei complimenti per l' analisi così puntuale e precisa.Lo stato delle ferrovie è critico. E il caso di oggi, ancorché fortuito, mostra che il sistema è ormai al limite senza riserve di capacità. Insomma, un po' come ieri quando quattro gomme a terra hanno fatto chiudere il terzo aeroporto italiano per più di dodici ore.
Il guaio è che Termini è un nodo, come si ferma quello si blocca anche mezzo mondo ferroviario italiano. Quando non c'era Bologna AV (quella sotterranea), se si bloccava Bologna Centrale sarebbe rimasta una sola direttrice nord-sud dell’Italia settentrionale in funzione: la Roma - Pisa - Genova (e la trasversale Torino - Milano - Venezia), la linea di cintura merci di Bologna non sarebbe stata sufficiente riuscita a reggere il traffico per la presenza dei bivi a raso. Il discorso dei nodi non vale solo per l'Italia; provate a pensare cosa succederebbe a bloccare Basel SBB, Zuerich HB, Muenchen Hbf, Berlin Hbf, Amsterdam CS e via andando; si salvano Parigi e Londra poiché non esiste una stazione principale, ma più stazioni ognuna per linea afferente per cui il blocco di una creerebbe sì problemi ma non il fermo totale.
In Italia si è investito in linee nuove, ma non sui nodi. E' stata fatta Bologna AV, che ha sgravato Bologna Centrale di un sacco di traffico; si sta facendo faticosamente il sottoattraversamento di Firenze via Firenze Circondaria AV (ammesso che la chiamino così), e finalmente Santa Maria Novella potrà avere un po' di calma; ma su Milano e Roma non è stato fatto nulla né c'è in programma di fare qualcosa. Il passante di Milano è stato pensato solo e soltanto per le linee S (inoltre ci sono i vincoli mica da ridere della lunghezza max dei convogli ammessi di 250 metri e la velocità max di 60 km/h e con riduzione a 50 presso Porta Vittoria). La linea da Garibaldi - bivio Mirabello, utilizzata da qualche Freccia per fare Torino -> Bologna saltando Milano Centrale è satura, con il bivio Mirabello a raso, e non serve a velocizzare l'attraversamento del nodi di Milano ma solo a togliere qualche treno da Milano Centrale. A Roma il raccordo Tiburtina - Prenestina che consente di saltare Termini per l'itinerario Firenze - Napoli è pressoché inutilizzato, e quello sì che servirebbe per sgravare Termini per i treni che non hanno origine o destinazione lì.
Quello che è stato fatto, per cercare di snellire la circolazione nelle grandi stazioni di testa, da parte di RFI (gestore della rete, cioè dei binari) è di vietare il cambio della locomotiva nelle stazioni di testa per ridurre il numero dei movimenti nelle stazioni: quindi
a) composizioni bloccate -o EMU, Electrical Multple Unit- come ETR 500/600/610/460/485, AGV 575/675 e tutto quanto è musica come Rock, Pop, Jazz, Minuetti o arte in Lombardia con Caravaggio e Colleoni
b) In alternativa, composizioni bloccate con locomotiva e semipilota (Intercity, Vivalto) oppure
c) -estrema ratio- due locomotive una in testa e l'altra in coda come le 402B o le 464.
Quello che poi manca, in Italia, sono le linee merci, soprattutto nei nodi: un merci da Modane a Novara-Milano è costretto a passare da Torino Porta Susa oppure ad essere istradato via Alessandria essere istradato via Alessandria Tortona Voghera Pavia, con allungamento dei percorsi (e ringraziare che il Frejus è KO e che il traffico merci su ferrovia si è ridotto rispetto a quello di trent'anni fa). La cintura merci di Milano è satura e sempre più utilizzata dalle linee S. La linea Bologna - Prato - Firenze - Arezzo - Roma ha problemi di sagoma limite che non permettono il transito dei trasporti combinati; i lavori in corso sula vecchia direttissima Prato - Bologna sono ancora lungi dal completamento, e poi bisognerà intervenire sulla Firenze - Arezzo. E mi fermo qui.
Quanto alle linee, altri paesi hanno potuto contare anche su situazioni geografiche, geologiche ed economiche più favorevoli, per cui si è costruito di più e con minori difficoltà. Qui in Italia il trasporto ferroviario poi è stato negletto in favore del gommato, sia per la mobilità individuale che per quella merci come ben sappiamo. In più, le infrastrutture italiane sono state costruite non certo pensando al traffico del futuro, non solo per la velocità del tracciato ma soprattutto per il carico assiale: oggi la regola europea sono le 22,5 tonnellate/asse e 8 tonnellate per metro lineare (categoria D4); in Italia spesso le sono categoria B2 (18 t./asse e 6,4 t/m) e C3 (20 t./asse e 7,2 t/m); ma diverse linee di categoria C3 hanno limiti di velocità inferiori alla velocità teorica di linea. Causa: principalmente i ponti ed i viadotti costruiti al risparmio senza pensare a possibili incrementi del carico perché l’Italia di 150 anni fa non aveva le risorse economiche della Francia o della Germania. La mitica locomotiva 691, la più veloce e pesante vaporiera delle FS, negli anni ’30 non poteva fare la Milano – Torino per ragioni di peso assiale. E stiamo parlando della Milano – Torino (dall’altra parte, abbiamo la lungimiranza del Protche che in epoca preunitaria ha disegnato la Bologna – Piacenza così bene che 150 anni dopo ci si passava a 200 all’ora col Pendolino e a 180 con gli intercity da 650 tonnellate, anche se sono stati ricostruiti quasi tutti i ponti anche per cause belliche).
In più, la manutenzione: quasi ogni stazione sulle linee principali ante era Moretti aveva un operaio degli Impianti Elettrici - spesso residente vicino al fabbricato di stazione in alloggi delle FS- che in caso di guasto era sul posto ed interveniva in breve. Oggi ... se si svampa una testata di blocco elettrico a Montevarchi o sulla DD Firenze-Roma tra Firenze e Arezzo, devono muoversi da Firenze. La presenza umana costava, ma era risolutiva. E intervenire sulla infrastruttura, quando è stato fatto, è stato fatto in senso sbagliato. La famosa “rete snella” di Moretti: taglia via binari di incrocio, stazioni, scambi per ridurre la manutenzione; risultato, esercizio ingessato e ritardi (sulla vecchia linea del Gottardo quali tutte le stazioni avevano le doppie comunicazioni pari-dispari da entrambi i lati, qui in Italia è grassa se da un lato c’è la comunicazione pari-dispari e dall’altro la comunicazione dispari-pari; in Svizzera abbondano le doppie comunicazioni in linea, qui in Italia sono sconosciute).
In più alcune rigidezze normative ed il SCMT, Sistema Controllo Marcia Treno che impone una guida quanto mai conservativa per una malintesa sicurezza. Esempio: entrando in stazione se passo l’avviso al giallo e la protezione al giallo (non rosso – giallo = entro in deviata -> v = 30 km/h perché ho gli scambi) sono obbligato a fare l’itinerario d’arrivo a 30 all’ora nonostannte che sono sul corretto tracciato. E ripartendo, non posso superare i 30 fino a dopo il segnale di partenza. Anche questa è una delle cause per cui i tempi di percorrenza si sono allungati, insieme all’incremento del traffico: è come in auto, più macchine in mezzo, meno corri.
Sul problema delle infrastrutture, non si è mai investito più di tanto: molte linee si potrebbero velocizzare con interventi più o meno estesi, ma non si spende e manca la volontà di fare l’intervento poiché spesso intervenire comporta toccare il territorio. Un esproprio di una casa? Giammai! E poi la ben nota sindrome NIMBY. Ci son anche difficoltà oggettive: il terrotorio in Italia spesso è ben antropizzato. Esempio, La Firenze – Pisa avrebbe bisogno del raddoppio, ma raddoppiare in affiancamento è impossibile: sulla sponda sinistra Arno ci sarebbe da spostarsi sulle colline e a quel punto sono o montagne russe o gallerie gallerie gallerie, oppure andare sulla sponda destra, anche questa con molti abitati e su un terreno non facile. Ma una linea di una settantina di chilometri, come in questo caso, è inutile che sia progettata per una velocità di 300 km/h, e già i 250 potrebbero essere eccessivi: basterebbero 200. Non solo, quando si è costruito si poteva fare meglio, molto meglio: far passare la AV Torino Milano Bologna Roma da MXP e BLQ …
Quanto alle nuove linee, l'Italia non è la Francia: non ci sono tratte lunghe senza fermate e senza abitati in mezzo (tipo Parigi - Lione o Parigi - Bordeaux): Fare una linea AV sulla costa tirrenica da Roma a Pisa è abbastanza facile, e poi? In Versilia non c’è più posto nella striscia di terra tra il mare e le colline; da la Spezia in avanti, aiuto! Ipotizzare una AV adriatica Bologna - Ancona - Pescara - Foggia è semplicemente impossibile (a meno di non sventrare abitati o scavare millemila gallerie in terreni che spesso sono bleah -vedi Terzo Valico-, poi ci sarebbe da discutere perché il non fermare a Faenza Forlì Cesena Rimini Riccione Cattolica Pesaro Fano sommetto che scatenerebbe le ire dei comuni saltati); la demenziale AV tirrenica sud da Salerno si inerpica per i monti in parallelo al tracciato della A2 Autostrada del Mediterraneo Salerno Reggio, anche qui con costi assurdi e per un traffico scarso -e sarebbe solo e soltanto una linea AV pax, assolutamente non merci-. Ma questa, come l'altra sciagura pubblica del ponte sullo Stretto di Messina, sono scelte politiche in cui la razionalità non è tra i parametri di scelta. Una velocizzazione a 200 km/h dell’attuale Battipaglia – Sapri – Paola con qualche quadruplicamento, non sarebbe meglio?
Felpina sia mai... lui è un patriota e anche messo di riserva per evitare danni come fatti all'Interno riesce a fare danni.Queste, piú che nome cognome codice fiscale di chi ha messo il chiodo, sarebbero le domande che un ministro dei trasporti non dico competente, ma almeno all’altezza del ruolo dovrebbe fare.
Alla fine sull'Adriatica più che alta velocità serve un raddoppio e treni con buona accelerazione. Ci sono tante medie città che generano tanto traffico ma non puntuale. Ora è super congestionata. Insomma, non serve far andare i treni a 300 km/h in teoria, serve che possano andare a 180 o 200 km/h per il maggior tempo possibile e che si fermino il meno possibile nel "traffico".Gia' ora l'Adriatica e' abbastanza competitiva, es. ci sono frecce Milano-Termoli in 5 ore nette quando in auto ci vogliono 6:30, senza fermarsi, quindi prestazione da pilota di Le Mans che ha limitato l'assunzione di liquidi prima del viaggio.
Il casino attuale e' sicuramente dovuto anche all'aumento del traffico, sono segni di saturazione e vanno messi in campo tutti gli accorgimenti per incrementare la capacita' senza incrementare il casino, sicuramente una struttura come RFI che deve essere "sopra le parti" ed e' tecnicamente molto complessa richiede la continua attenzione informata e competente delle istituzioni, il ministero dei trasporti non e' un Bar Sport, ci va messo uno tosto sulla materia o disposto a metterci tanto tanto la testa e le suole delle scarpe. Dovrebbe essere un ministro tecnico o che rinuncia ad altri impegni e ci sta a tempo pieno.
Si ma un raddoppio in sede da 200kmh costa piu' di uno fuori sede da 300km almeno in zone fortemente ubanizzate, E nelle aree di montagna i raddoppi vanno fatti fuori sede per forza, non puoi allargare i manufatti, gallerie e viadotti.Alla fine sull'Adriatica più che alta velocità serve un raddoppio e treni con buona accelerazione. Ci sono tante medie città che generano tanto traffico ma non puntuale. Ora è super congestionata. Insomma, non serve far andare i treni a 300 km/h in teoria, serve che possano andare a 180 o 200 km/h per il maggior tempo possibile e che si fermino il meno possibile nel "traffico".
La differenza è che per quella linea il raddoppio in sede ti offre il passaggio sulle città della via Emilia (e si parla di un piccolo tratto), se vai in variante fai una linea in mezzo al nulla lontana dalle città e ti pone il problema di dover scegliere (scontentando tutti) dove piazzare una sorta di stazione medio-romagnola (Faenza, centrale e nodo ferroviario - Forlì che vuole essere capitale di Romagna rimembrando i fasti di Benito o l'arrembante Cesena che punta sul traffico business?) oppure tiri dritto fino a Rimini perdendo i pax di 3 destinazioni importanti in Centostazioni.Si ma un raddoppio in sede da 200kmh costa piu' di uno fuori sede da 300km almeno in zone fortemente ubanizzate, E nelle aree di montagna i raddoppi vanno fatti fuori sede per forza, non puoi allargare i manufatti, gallerie e viadotti.
Questo tema ha provocato flame su altri forum, ma per sintetizzare la questione vi riporto qui la slide piu' significativa, e incendiaria, sul raddoppio tra Bologna e Castelbolognese. Quelli di RFI ci dicono che la soluzione da 200km in sede costa 4.5 Mld, mentre da 300kmh in variante costerebbe 3 Mld. Forse l'analisi e' biased e forse se fosse nel deserto, senza bisogno di espropri e demolizioni, i numeri sarebbe molto diversi.
Comunque io ho capito che in pianura e senza ostacoli fare linee da 300 o da 250 (che ai fini delle percorrenze in italia e' quasi lo stesso) non costa molto di piu' che fare linee "non AV".
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Per avere piu' capacita' e meno anomalie ci servono soprattutto raddoppi, salti di montone, reti e modelli di esercizio disegnati "bene" che e' un altro paio di maniche. Una volta che fai i raddoppi, farli veloci se fuori sede potrebbe venire da se. Poi c'e' il problema dei nodi che sono saturi e con single point of failure che li rendono fragili, e' ovvio che se qualcosa incastra il nodo di Roma (come successo nei giorni scorsi) o di Milano, e ci vuole poco, si blocca tutto perche' i treni non arrivano neanche nei posti dove il problema non ci sarebbe. Purtroppo non si parla neanche delle opere per sistemare i nodi piu' importanti, tranne BO e FI che sono visti solo come velocizzazione della navetta MI-RM se no non facevano neanche quelli.
Tu dovresti provare a coinvolgere Andrea Giuricineh
Lo stato delle ferrovie è critico. E il caso di oggi, ancorché fortuito, mostra che il sistema è ormai al limite senza riserve di capacità. Insomma, un po' come ieri quando quattro gomme a terra hanno fatto chiudere il terzo aeroporto italiano per più di dodici ore.
Il guaio è che Termini è un nodo, come si ferma quello si blocca anche mezzo mondo ferroviario italiano. Quando non c'era Bologna AV (quella sotterranea), se si bloccava Bologna Centrale sarebbe rimasta una sola direttrice nord-sud dell’Italia settentrionale in funzione: la Roma - Pisa - Genova (e la trasversale Torino - Milano - Venezia), la linea di cintura merci di Bologna non sarebbe stata sufficiente riuscita a reggere il traffico per la presenza dei bivi a raso. Il discorso dei nodi non vale solo per l'Italia; provate a pensare cosa succederebbe a bloccare Basel SBB, Zuerich HB, Muenchen Hbf, Berlin Hbf, Amsterdam CS e via andando; si salvano Parigi e Londra poiché non esiste una stazione principale, ma più stazioni ognuna per linea afferente per cui il blocco di una creerebbe sì problemi ma non il fermo totale.
In Italia si è investito in linee nuove, ma non sui nodi. E' stata fatta Bologna AV, che ha sgravato Bologna Centrale di un sacco di traffico; si sta facendo faticosamente il sottoattraversamento di Firenze via Firenze Circondaria AV (ammesso che la chiamino così), e finalmente Santa Maria Novella potrà avere un po' di calma; ma su Milano e Roma non è stato fatto nulla né c'è in programma di fare qualcosa. Il passante di Milano è stato pensato solo e soltanto per le linee S (inoltre ci sono i vincoli mica da ridere della lunghezza max dei convogli ammessi di 250 metri e la velocità max di 60 km/h e con riduzione a 50 presso Porta Vittoria). La linea da Garibaldi - bivio Mirabello, utilizzata da qualche Freccia per fare Torino -> Bologna saltando Milano Centrale è satura, con il bivio Mirabello a raso, e non serve a velocizzare l'attraversamento del nodi di Milano ma solo a togliere qualche treno da Milano Centrale. A Roma il raccordo Tiburtina - Prenestina che consente di saltare Termini per l'itinerario Firenze - Napoli è pressoché inutilizzato, e quello sì che servirebbe per sgravare Termini per i treni che non hanno origine o destinazione lì.
Quello che è stato fatto, per cercare di snellire la circolazione nelle grandi stazioni di testa, da parte di RFI (gestore della rete, cioè dei binari) è di vietare il cambio della locomotiva nelle stazioni di testa per ridurre il numero dei movimenti nelle stazioni: quindi
a) composizioni bloccate -o EMU, Electrical Multple Unit- come ETR 500/600/610/460/485, AGV 575/675 e tutto quanto è musica come Rock, Pop, Jazz, Minuetti o arte in Lombardia con Caravaggio e Colleoni
b) In alternativa, composizioni bloccate con locomotiva e semipilota (Intercity, Vivalto) oppure
c) -estrema ratio- due locomotive una in testa e l'altra in coda come le 402B o le 464.
Quello che poi manca, in Italia, sono le linee merci, soprattutto nei nodi: un merci da Modane a Novara-Milano è costretto a passare da Torino Porta Susa oppure ad essere istradato via Alessandria essere istradato via Alessandria Tortona Voghera Pavia, con allungamento dei percorsi (e ringraziare che il Frejus è KO e che il traffico merci su ferrovia si è ridotto rispetto a quello di trent'anni fa). La cintura merci di Milano è satura e sempre più utilizzata dalle linee S. La linea Bologna - Prato - Firenze - Arezzo - Roma ha problemi di sagoma limite che non permettono il transito dei trasporti combinati; i lavori in corso sula vecchia direttissima Prato - Bologna sono ancora lungi dal completamento, e poi bisognerà intervenire sulla Firenze - Arezzo. E mi fermo qui.
Quanto alle linee, altri paesi hanno potuto contare anche su situazioni geografiche, geologiche ed economiche più favorevoli, per cui si è costruito di più e con minori difficoltà. Qui in Italia il trasporto ferroviario poi è stato negletto in favore del gommato, sia per la mobilità individuale che per quella merci come ben sappiamo. In più, le infrastrutture italiane sono state costruite non certo pensando al traffico del futuro, non solo per la velocità del tracciato ma soprattutto per il carico assiale: oggi la regola europea sono le 22,5 tonnellate/asse e 8 tonnellate per metro lineare (categoria D4); in Italia spesso le sono categoria B2 (18 t./asse e 6,4 t/m) e C3 (20 t./asse e 7,2 t/m); ma diverse linee di categoria C3 hanno limiti di velocità inferiori alla velocità teorica di linea. Causa: principalmente i ponti ed i viadotti costruiti al risparmio senza pensare a possibili incrementi del carico perché l’Italia di 150 anni fa non aveva le risorse economiche della Francia o della Germania. La mitica locomotiva 691, la più veloce e pesante vaporiera delle FS, negli anni ’30 non poteva fare la Milano – Torino per ragioni di peso assiale. E stiamo parlando della Milano – Torino (dall’altra parte, abbiamo la lungimiranza del Protche che in epoca preunitaria ha disegnato la Bologna – Piacenza così bene che 150 anni dopo ci si passava a 200 all’ora col Pendolino e a 180 con gli intercity da 650 tonnellate, anche se sono stati ricostruiti quasi tutti i ponti anche per cause belliche).
In più, la manutenzione: quasi ogni stazione sulle linee principali ante era Moretti aveva un operaio degli Impianti Elettrici - spesso residente vicino al fabbricato di stazione in alloggi delle FS- che in caso di guasto era sul posto ed interveniva in breve. Oggi ... se si svampa una testata di blocco elettrico a Montevarchi o sulla DD Firenze-Roma tra Firenze e Arezzo, devono muoversi da Firenze. La presenza umana costava, ma era risolutiva. E intervenire sulla infrastruttura, quando è stato fatto, è stato fatto in senso sbagliato. La famosa “rete snella” di Moretti: taglia via binari di incrocio, stazioni, scambi per ridurre la manutenzione; risultato, esercizio ingessato e ritardi (sulla vecchia linea del Gottardo quali tutte le stazioni avevano le doppie comunicazioni pari-dispari da entrambi i lati, qui in Italia è grassa se da un lato c’è la comunicazione pari-dispari e dall’altro la comunicazione dispari-pari; in Svizzera abbondano le doppie comunicazioni in linea, qui in Italia sono sconosciute).
In più alcune rigidezze normative ed il SCMT, Sistema Controllo Marcia Treno che impone una guida quanto mai conservativa per una malintesa sicurezza. Esempio: entrando in stazione se passo l’avviso al giallo e la protezione al giallo (non rosso – giallo = entro in deviata -> v = 30 km/h perché ho gli scambi) sono obbligato a fare l’itinerario d’arrivo a 30 all’ora nonostannte che sono sul corretto tracciato. E ripartendo, non posso superare i 30 fino a dopo il segnale di partenza. Anche questa è una delle cause per cui i tempi di percorrenza si sono allungati, insieme all’incremento del traffico: è come in auto, più macchine in mezzo, meno corri.
Sul problema delle infrastrutture, non si è mai investito più di tanto: molte linee si potrebbero velocizzare con interventi più o meno estesi, ma non si spende e manca la volontà di fare l’intervento poiché spesso intervenire comporta toccare il territorio. Un esproprio di una casa? Giammai! E poi la ben nota sindrome NIMBY. Ci son anche difficoltà oggettive: il terrotorio in Italia spesso è ben antropizzato. Esempio, La Firenze – Pisa avrebbe bisogno del raddoppio, ma raddoppiare in affiancamento è impossibile: sulla sponda sinistra Arno ci sarebbe da spostarsi sulle colline e a quel punto sono o montagne russe o gallerie gallerie gallerie, oppure andare sulla sponda destra, anche questa con molti abitati e su un terreno non facile. Ma una linea di una settantina di chilometri, come in questo caso, è inutile che sia progettata per una velocità di 300 km/h, e già i 250 potrebbero essere eccessivi: basterebbero 200. Non solo, quando si è costruito si poteva fare meglio, molto meglio: far passare la AV Torino Milano Bologna Roma da MXP e BLQ …
Quanto alle nuove linee, l'Italia non è la Francia: non ci sono tratte lunghe senza fermate e senza abitati in mezzo (tipo Parigi - Lione o Parigi - Bordeaux): Fare una linea AV sulla costa tirrenica da Roma a Pisa è abbastanza facile, e poi? In Versilia non c’è più posto nella striscia di terra tra il mare e le colline; da la Spezia in avanti, aiuto! Ipotizzare una AV adriatica Bologna - Ancona - Pescara - Foggia è semplicemente impossibile (a meno di non sventrare abitati o scavare millemila gallerie in terreni che spesso sono bleah -vedi Terzo Valico-, poi ci sarebbe da discutere perché il non fermare a Faenza Forlì Cesena Rimini Riccione Cattolica Pesaro Fano sommetto che scatenerebbe le ire dei comuni saltati); la demenziale AV tirrenica sud da Salerno si inerpica per i monti in parallelo al tracciato della A2 Autostrada del Mediterraneo Salerno Reggio, anche qui con costi assurdi e per un traffico scarso -e sarebbe solo e soltanto una linea AV pax, assolutamente non merci-. Ma questa, come l'altra sciagura pubblica del ponte sullo Stretto di Messina, sono scelte politiche in cui la razionalità non è tra i parametri di scelta. Una velocizzazione a 200 km/h dell’attuale Battipaglia – Sapri – Paola con qualche quadruplicamento, non sarebbe meglio?
Un grande amico…Tu dovresti provare a coinvolgere Andrea Giuricin
Andrea Giuricin on LinkedIn: #av | 11 comments
A bordo di un treno #AV alla stazione di Milano Centrale in direzione Roma. "Il traffico misto nei nodi urbani è una caratteristica italiana e provoca… | 11 comments on LinkedInwww.linkedin.com
Esiste un nome preciso per indicarli: inizia cogl e finisce con ioni.i poveri Bolognesi che non vogliono tutti quei voli avrebbero
Per velocizzare la linea a questo livello, che tipo di lavori sarebbero necessari? Bastano modifiche al sistema di segnalamento/distanziamento treni o servono lavori strutturali piu' lunghi e costosi come sostituzione dei binari e adeguamento della linea elettrica?Probabilmente la velocizzazione a 200 kmh per gran parte del percorso, è la soluzione migliore.
Credo che nella maggior parte dei casi sia sufficiente aggiornare il sistema di segnalamento, ma non ho la competenza necessaria per darti una risposta esaustiva.Per velocizzare la linea a questo livello, che tipo di lavori sarebbero necessari? Bastano modifiche al sistema di segnalamento/distanziamento treni o servono lavori strutturali piu' lunghi e costosi come sostituzione dei binari e adeguamento della linea elettrica?